Il bisogno di famiglia è forte, è unica la relazione che si instaura con le figure genitoriali ed è speciale la valenza educativa di questa relazione.
E' nella famiglia che ciascuno "impara" ad essere persona, è nell'esperienza dell'amore della relazione familiare che l'uomo e la donna acquisiscono la capacità di incontrare l'altro nella sua verità di persona e non nelle sue funzioni.
Ciò si attua ancor più nei figli, quando li si rispetta come diversi da noi, ma radicati in noi, nostri...
"I vostri figli non sono figli vostri: sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita. Nascono per mezzo di voi, ma non da voi. Dimorano con voi e tuttavia non vi appartengono...." (Kahlil Gibran)
Ai figli si deve offrire la possibilità di trovare nei genitori, nella famiglia, un punto di identità, il luogo in cui scoprire se stessi. Il principale compito della famiglia è condurre all'autonomia, quasi sostituirsi al figlio nelle prime fasi della sua vita, sorreggerlo, a poco a poco lasciarlo e poi accompagnarlo sempre.
La famiglia che promuove questo modello è famiglia per "tutti", non si può limitare ai propri figli naturali, ma si apre, si allarga, esprime la sua ricchezza anche al di fuori di se stessa rendendosi accogliente a chi è esterno, rendendosi famiglia anche per chi non può avere questa esperienza.
Sempre più ci si deve convincere che essere genitori non è ricoprire un ruolo, ma viverlo; trasmettere ai figli, nostri e di tutti, trasmettere a ogni bimbo, più ciò che si è che ciò che si fa: testimoniare.
La famiglia è luogo primo della risposta ai bisogni psicologici e biologici tipicamente umani, ma è anche l'area in cui si riproduce il sistema sociale, sia negli aspetti materiali che in quelli culturali.
Dire che la famiglia deve aprirsi per poter crescere non equivale ad affermare semplicisticamente che il modello nucleare, ormai diffuso, debba essere superato con esperienze comunitarie, quanto piuttosto che debba essere valorizzato attraverso la formazione di "reti familiari" che non intaccano la struttura e la stessa identità del nucleo, ma interagiscono, organizzando un sostegno vicendevole, equilibrando le tensioni interne, facendo tesoro delle altrui esperienze e dell'aiuto concreto delle altre famiglie facenti parte della "rete".
Essere "famiglia aperta" non è essere una famiglia diversa dalle altre, ma una famiglia "comune", perfettamente normale, che abbia riflettuto su se stessa e abbia scoperto uno spazio disponibile per l'accoglienza, una capacità di farsi carico dei problemi di tutti, una sana inquietudine nel vedere che ancora non vi è giustizia.
Per chi pensa così l'educazione dei piccoli diventa compito di tutti senza, però, togliere valore alla preferenzialità genitoriale. Il figlio infatti non è visto come possesso, oggetto di desiderio ad ogni costo, ma persona da far crescere, da rendere autonoma, da guidare e sostenere, e ciò sarà possibile anche con "figli" non naturali, ma scelti come soggetti da amare (Silvia).